Ovvero il mausoleo della famiglia Aragona-Tagliavia emblema del Rinascimento e del Manierismo nella chiesa di San Domenico – Francesco Paolo Pasanisi
Uno dei monumenti più rappresentativi della splendida città di Castelvetrano è senza ombra di dubbio la prestigiosa chiesa di San Domenico. Questa sorge nella incantevole piazza triangolare “Regina Margherita”, realizzata urbanisticamente nella prima metà del XVII sec. L’edificio, opera incompleta all’esterno, poiché è priva del campanile, appena innalzato e la facciata anch’essa non definita, presenta una finestra con balaustra. San Domenico è di proprietà dello stato e venne ceduta in comodato d’uso alla Curia di Mazara del Vallo nel 1949, quindi alla foranìa di Castelvetrano e Rettoria della Parrocchia di S. Giovanni Battista.
L’edificio tardo gotico nel 1470 venne dedicato a S. Maria di Gesù, a navata unica, priva di transetto e presbiterio, con volta a crociera.
Successivamente, nel 1487, si ottenne il permesso di erigere il convento dei predicatori fuori le mura. Sul lato sinistro della costruzione si nota il portale della ex chiesa di “Nostra Signora del Rosario”, demolita nel 1956 per dar luogo alla via “Martiri dell’Ungheria”. Questo edificio accolse il primo “Museo Selinuntino” dal 1874 fino al 1920. Anni dopo, fino al 1960, i reperti vennero trasferiti nella chiesa di S. Domenico. Oggi è sede del liceo classico “Giovanni Pantaleo”.
Giovan Vincenzo Tagliavia, primo conte di Castelvetrano, iniziò la modifica della chiesa nel 1490. L’edificio fu ultimato nel 1580. Così San Domenico venne destinata a luogo di sepoltura della famiglia Aragona-Tagliavia e ristrutturata in stile rinascimentale. Le trasformazioni principali sono state caratterizzate dalle nuove opere di innalzamento di stupende cappelle lungo i lati epistola (destro) e evangelio (sinistro). Grazie all’architetto Antonino Ferraro (1523-1609) da Giuliana, maestro del “Manierismo Siciliano”, che ha reso la chiesa, con i suoi stucchi, monumento inestimabile. Denominato dai critici: nuova “Cappella Sistina”. Il mecenate, senza ombra di dubbio, è il principe di Castelvetrano Carlo Aragona-Tagliavia (il suo avo Bartolomeo, nel 1299, ricevette la baronia della città da Federico II d’Aragona). Carlo detto “Magnus Siculus”, famosissimo personaggio storico, fu viceré di Sicilia e della Catalogna. Presidente del Regno di Sicilia, Governatore dello Stato di Milano, facente parte del Consiglio di Stato e di Guerra. Suo il bando del 1583 contro i “bravi” di manzoniana memoria.
Due anni prima della sua morte Carlo, a Madrid, decise di essere sepolto in San Domenico e deposto nel mausoleo fatto costruire per lui nel 1574.
Il sacello funerario produce un impatto di stupore al visitatore che lo ammira restando meravigliato e strabiliato. Oggi l’edificio religioso si presenta a tre navate, ma le cappelle non sono comunicanti.
Il primo altare lapideo sulla destra è dedicato al SS. Crocifisso, codesto in cartapesta, opera della fine del XVI sec. Accompagnato da un affresco del XVII sec. che raffigura la “deposizione”. Segue la cappella dedicata al domenicano S. Vincenzo Ferreri raffigurato dallo spagnolo Antonello Benavides. In basso sulla sinistra si nota, in un riquadro artistico la predica agli ebrei di Murcia. Anche a Castelvetrano i domenicani (cani del Signore) si prodigavano per la conversione dei Giudei.
La terza cappella ospita la tela di Orazio Ferraro (1561-1643) che rappresenta “l’adorazione dei Magi” del 1602. Ai lati dell’altare si ammirano le statue di stucco raffiguranti i domenicani S. Alberto Magno e S. Tommaso d’Aquino. Tra questa cappella e la precedente è posta una statua della Madonna della scuola del Gagini. La quarta cappella è dedicata a S. Caterina di Alessandria, madre della Chiesa, con tela di pittore ignoto del XVI sec.. Ai lati dell’altare sono collocate le statue di S. Crescenza e S. Vito. L’ultima cappella o absidiola, in corrispondenza del presbiterio è dedicata a S. Domenico, con tela di Giovanni Paolo Fondulli (Cremona metà XVI sec. – 1594) raffigurante la “Sacra Famiglia”. Sulla parte sinistra trova posto un monumento di stucco degli Aragona-Tagliavia.
I visitatori, ogni mese circa 700, entrando in chiesa ammirano, sul lato sinistro (evangelio), il primo altare che è dedicato al Cristo orante nel’orto. Qui, ai lati dell’altare, si osservano due statue raffiguranti i Santi Pietro e Lucia. Il quadro è opera di Orazio Ferraro. Segue la cappella della Madonna del Rosario di Trapani con un quadro che immagina S. Raimondo di Peñafort del 1602, opera del pittore Vito Carrera (1555 c. – 1622 c.). La costruzione risulta un corpo aggiunto, infatti non è in linea con le altre cappelle e vi si accede attraverso il vestibolo. Contigua è la cappella di S. Giacinto di Polonia, con quadro raffigurante la Vergine che appare al Santo. L’opera è di Bartolomeo Navarretta del 1595. Altre due statue, poste ai lati dell’altare, riproducono S. Caterina da Siena e S. Agnese. Il quinto altare è dedicato alla Circoncisione di Nostro Signore Gesù (1° gennaio SS. Nome di Gesù). Il quadro dipinto nel 1550 dal pittore olandese Simone di Wobreck.
Alla fine, in corrispondenza del presbiterio, un vestibolo conduce all’ultimo altare, absidiola, dedicato alla Madonna di Loreto con bambino, opera del 1489 di F. Laurana (1430-1502).
Nel presbiterio di forma quadrata è presente il “Mausoleo del Principe”. Sull’arco che divide quest’area della cappella del coro il visitatore viene abbagliato dall’Albero di Iesse, albero genealogico della stirpe di Davide. <Primo libro di Samuele 16 (1-13); Primo libro delle Cronache 2.15>.
Quest’opera rappresenta il casato dei Tagliavia e quello dei Ventimiglia ed è stata creata da Antonino Ferraro. Il racconto della Bibbia è consono ai canoni della Controriforma. La consulenza teologica fu opera dei domenicani. Nella cappella del Coro, di forma quadrata e in terracotta, oltre al sarcofago degli Aragona-Tagliavia si può ammirare una copia del 1574 dello “Spasimo”, opera di Giovan Paolo Fondulli (l’originale di Raffaello Sanzio oggi si trova al “Prado” di Madrid, portata da Palermo nel 1661 da Filippo IV). Tra le tante copie sparse nel continente, una si trova a Palermo nella chiesa di S. Giuseppe Cafasso. Il 14 luglio, a Palazzo Oneto,è stata esposta la copia del quadro commissionato da Maria Cristina di Borbone, nata a Palermo nel 1806, e realizzato nel 1846.
A S. Domenico si possono ammirare: il pulpito del XVI sec. di Raffaele Lo Valle (1543 c. – 1621) e l’organo a canne del 1580c.
I restauri dell’edificio nel tempo sono stati svariati: si ricorda quello del 1951, a seguire una serie di interventi negli anni ottanta. S. Domenico venne riaperta al culto nel 1992. Nel febbraio 1997 l’edificio ha corso un rischio umidità, a causa delle piogge. Successivamente la verifica e l’intervento dell’Assessorato Regionale ai BB. CC. e la rispettiva Sovrintendenza di Trapani affrontarono il problema. Un piano di recupero venne finanziato nel 2000/2006. Nuovi restauri furono posti in essere nel 2009. Nel 2017 venne dedicato un nuovo altare secondo le nuove norme liturgiche. Nell’ottobre 2020 è stata celebrata una Santa Messa che è andata in onda alla RAI, così lo splendore di S. Domenico è stato reso fruibile ai telespettatori. Finalmente quest’anno è stata restaurata la facciata e principalmente la struttura campanaria con campana del 1622. Alla fine dei lavori nel recente mese di luglio si è svolta una cerimonia di presentazione della struttura alla presenza di numerosissimi fedeli e amanti della cultura.
Fotografie di FRANCESCA MAMOLA